Le sigle sindacali Flc Cgil, Gilda, Snals-Confsal, Uil Scuola proclamano lo stato di agitazione: non soddisfa il contenuto della legge di bilancio 2022. Non ci sono risorse sufficienti per la scuola, né ci sono i presupposti per il rinnovo del contratto. I sindacati interrompono le relazioni con il ministero dell’Istruzione e non escludono altre forme di protesta compreso lo sciopero.
“La legge di bilancio per il 2022 , nonostante le promesse e i patti sottoscritti con le parti sociali, dedica alla scuola modeste risorse e si caratterizza soprattutto per le sue vistose mancanze”, ci spiega Elvira Serafini, segretario generale dello Snals-Confsal.
Cosa manca?
Quasi inesistenti le risorse disponibili per i rinnovi contrattuali del Comparto Istruzione e Ricerca che non coprono nemmeno la perdita del potere di acquisto dei salari, e smentiscono gli accordi sottoscritti il 10 marzo scorso con il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale.
Agli investimenti strutturali previsti per limitare il sovraffollamento delle classi non corrispondono le necessarie risorse per gli incrementi degli organici utili a rendere concretamente esigibile la diminuzione del numero degli alunni per classe.
Cosa chiedete?
Le risorse del PNRR vanno impiegate per assicurare stabilmente, attraverso un intervento strutturale sul PIL, retribuzioni dignitose, adeguandole alla media europea e valorizzando tutto il personale, riconoscendo innanzitutto gli impegni che finora non sono stati previsti nei contratti collettivi .
Però il ministero vi ha convocati per questo pomeriggio
Abbiamo proclamato lo stato di agitazione della categoria e riteniamo che il nulla di fatto che è seguito ad altri precedenti incontri ci fa ritenere che adesso è necessario un forte segnale di attenzione ma soprattutto di riscontro rispetto ai temi della nostra protesta.
Pensate allo sciopero?
Lo Snals-Confsal richiama il Governo al rispetto degli accordi e se le procedure di raffreddamento e conciliazione non daranno l’esito sperato non escludiamo il ricorso a forme più incisive di protesta.
Fonte: Orizzonte Scuola